L'ARTE DI SALVATORE DE ANGELIS



Di Salvatore De Angelis ricordo le sue realizzazioni artistiche sin da piccolo quando ero a Sarno, e devo sottolineare, tout court - come già allora ero attratto profondamente dalle sue opere sino a restarne incantato. Egli ha ben ragione nell' autodefinirsi "pittore-decoratore" perché nel suo modus operandi fa trasparire qualità artistiche e creatività personali inusitate.

De Angelis ci fa capire come l'arte sia anzitutto e soprattutto mestiere, e il mestiere non s'improvvisa ma si conquista con pazienza, con fatica, a volte infinita, con amore, con umiltà. Tutta la produzione artistica del De Angelis che va dagli anni postbellici ad oggi ci dimostra come l'arte sia assimilazione del passato, ma anche sentimento profondo e vasto del presente, capacità di sintesi dei molteplici elementi che costituiscono un'autentica civiltà.

I dipinti si possono analizzare tematicamente a cominciare dai Paesaggi sarnesi. Qui l'artista sa trasfondere la propria sensibilità come nel Panorama con le vecchie filande del 1995 in cui con un colpo d'occhio vediamo il Borgo S. Matteo con un affastellato di case e le vecchie filande ricordo di un tempo che fu. Molto suggestivo è San Matteo, acrilico acquerellato, del 2006 i cui colori e il gioco luci-ombre danno all'opera un effetto mirabile.

E ovviamente non poteva mancare in questo amarcord sarnese il cortile, rappresentato nell'acrilico acquerellato del 2004 del Vico San Michele di Sarno. Chi non ricorda 'a curtina che negli del secondo dopoguerra rivestiva per i ragazzi una vera e propria funzione pedagogica non disgiunta da elementi di socializzazione e creatività? Infatti non solo i bambini, le cui abitazioni si trovavano all'interno del cortile, ma anche quelli del vicinato erano adusi divertirsi con quei giochi, ormai scomparsi. Questi giochi erano: 'a mamma a zompà 'ncuollo, mazza e' pivuzo, 'o carritiello, parm' u muro, t'alliscio e te foco, sesca sesca, 'o trav' a luongo, 'a nnascovà, 'a semmana, 'e nozzole, e tanti altri. Ma il cortile aveva anche un’altra natura, essenzialmente simbolica, di luogo in cui si costruisce e si parla una cosmologia di gruppo, una visione del mondo che colloca la casa nell'universo.

Per quanto attiene le opere raggruppate sotto il termine Naturalismo come Anguria e meloni del 1999 qui l'Autore mostra l'elevata capacità di riuscire a trasferire sulla tela elementi del mondo vegetale vividi (altro che natura morta!) che paiono essere proprio reali davanti ai nostri occhi. Credo che una fotografia, nonostante i mezzi tecnici odierni, non potrebbe mai rendere la bellezza policromatica di queste opere come nel Piatto con fichi del 2005 o la composizione Olio e aceto di pari data.
Qui e in tutte le opere del De Angelis assistiamo al prevalere di una prospettiva transdisciplinare che rende quanto mai fruibile all'occhio dell'osservatore attento l'immagine qualsiasi cosa essa rappresenti.

Analizzando il tema del Surrealismo e precisamente della Maternità del 1980 notiamo come il pittore abbia saputo rendere con pochi tocchi la potenza dell'amore materno con quella mano poggiata sul ventre del bambino quasi a proteggerlo. E non mancano in questo tema surrealista messaggi simbolici come in Il riscatto dell'umanità del 1984 in cui Cristo, tutto proteso su un agglomerato di case, sembra proprio chiedere a tutti gli uomini "di buona volontà" un riscatto morale.

I dipinti definiti impressionisti, tra gli anni '70 e '80, racchiudono paesaggi dove il pittore in tratti essenziali ha saputo ri-trarre elementi tipici e peculiari del nostro territorio sarnese. Un esempio forte è costituito dal Paesaggio con Vesuvio del 1981, in cui il "lo sterminatore Vesevo" per dirla con Giacomo Leopardi, si staglia nettamente dietro un paesaggio fatto di poche case.

Credo che la parte che desta maggiore ammirazione, non disgiunta da stupore, sia quella soprattutto del Figurativismo in cui De Angelis appare sicuro della lezione dei grandi Maestri dell'arte pittorica passata come Leonardo, Caravaggio, Renoir, F. Boucher; ma a noi piace soffermarci sull'autoritratto in cui egli campeggia con il nipotino sorridente e il cagnolino. Siamo di fronte ad un'opera di rara potenza espressiva, e in cui le fattezze somatiche, la ponderazione nonno-nipote sono perfette unitamente a quell'espressione dei due visi sorridenti che catturano il nostro interesse con immediatezza. Scene di normale vita quotidiana sotto il pennello di De Angelis si allontanano dalla banalità e diventano "arte-arte pura" come vediamo in Ritorno dai campi del 1992 in cui il contadino scalzo, con la zappa sulla spalla ritorna a casa. E qui non si può citare il verso leopardiano del Sabato del villaggio che l'immagine evoca: "intanto riede alla sua parca mensa fischiando il zappatore".

La raffigurazione di immagini sacre denota l'elevata professionalità del maestro e tra queste particolarmente toccanti appaiono Il compianto del Cristo del 2004 che pur ispirandosi ad Annibale Carracci mostra qui il suo tocco personale. Tutto ci parla del pathos, del dolore insopprimibile che angoscia le pie donne accanto al corpo di Cristo deposto dalla Croce. E si noti con che luminosità sono stati raffigurati sia il corpo di Gesù che quello delle donne affrante!

La maestrìa di De Angelis, artista completo e poliedrico, emerge anche nelle decorazioni come nella Porta di ingresso di cappella privata a Roccarainola (NA) in cui con delicatezza di toni una porta viene impreziosita e resa opera d'arte, e ancora si vede come un comò decorato assuma un aspetto meraviglioso e degno di entrare a buon diritto nel campo dell'ARTE.

A tal punto ci si chiede: ma chi è l'artista? Chi è artista? Si può essere artista nell'anima. Essere artista è innanzitutto una storia di creazione, e di fiducia nella bellezza e sono proprio questi gli elementi ben presenti in De Angelis. Egli si distingue nettamente per il diverso mondo di sentimenti soprattutto quando mostra soprattutto la sua humanitas, un suo amore per la vita, la vita dell'umile mondo dei modesti, della campagna, dei contadini. L'arte nel maestro De Angelis nasce non solo dalla visione del reale, ma anche dalla meditazione su di essa vista a livello di sacralità, paesaggistico e familiare.

Quanta bellezza nell'arte se si ritiene quello che si è visto e pensato, il ritenere che è per lui sentire profondamente, delicatamente sentire - esprimere, dimostrare con l'opera che c'è nel cuore, la cui vita si deve basare sull'amore, quell'«Amor che move il sole e l'altre stelle», come aveva asserito il nostro Dante Alighieri.



Salerno, 10 Maggio 2014 ....................................Alberto Mirabella